Itinerario sulla strada del Prosecco Docg, tra Conegliano e Valdobbiadene

Vigneti vertiginosi su ripidi pendii di colline, borghi, pievi e castelli in quello che al tempo della Serenissima veniva chiamato “il giardino di Venezia”, viti secolari e aziende vinicole che coltivano uva e producono vino con attenzione maniacale, relais da sogno e degustazioni di “vin, soppressa e formai” come dicono qua, e un solo nome conosciuto in tutto il mondo: Prosecco.

Apericena, Spritz, Bellini, si fa presto a dire Prosecco. Il Prosecco è semplice da capire – esordisce Roberta di Prosecco wine Tour che ci guida in questo viaggio, e può ben dirlo, lei: enologa, membro della commissione di qualità del Prosecco – che decide se assegnare ad ogni lotto la fascetta del Docg – che con il suo Van preleva a Mestre i turisti, spesso stranieri in visita a Venezia, e con tutta la passione per la sua terra e per il vino, li guida per un giorno alla scoperta di uno tra i territori vinicoli più vocati e più spettacolari al mondo.

I vigneti più scoscesi

Vigne vertiginose lungo la strada del Prosecco

Il territorio di produzione del Prosecco, entrato nel novero del Patrimonio Mondiale dell’umanità Unesco nel 2019, si estende per 8000 ettari di colline coltivate prevalentemente con un solo tipo di vitigno, un tempo chiamato Glera e oggi tout court Prosecco, nella zona compresa tra i paesi di Conegliano e Valdobbiadene.

Qui si produce il Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg (da non confondere con il semplice Prosecco Doc) in un territorio incontaminato, coltivato completamente a mano e con produzione limitata a 135 quintali per ettaro, che cambia a tutte le stagioni e si anima a settembre-ottobre con il rito della vendemmia, quando nei punti più impervi, sulle vigne più ripide, gli uomini lavorano legati con le corde, quasi sospesi nel vuoto sul costone della collina, e i preziosi grappoli vengono raccolti in secchi e passati di mano in mano o trasportati su rotaie.

La strada del Prosecco

Relais Alice nelle Vigne

Una strada attraversa questo territorio, la Strada del Prosecco, un percorso di 35 chilometri ad anello che offre spunti di ogni tipo, paesaggistici, storici, artistici e soprattutto enogastronomici, per un viaggio di uno, due o anche più giorni di scoperta e di gusto ma anche di relax nel verde.

Ottima base da cui partire è Treviso città che sorprende con la sua vivacità, i piccoli canali, le dighe, i ponticini medievali come il Ponte dei Trepperi dove vendevano la trippa gli antenati dell’attuale street-food. In quanto alle dighe, fu Fra Giocondo nel 1200 a far costruire tutto un sistema di chiuse che permettesse la difesa della città in caso di attacco, allagando i campi fuori le mura, una zona già di per sé impregnata di acqua dove oggi viene coltivato con le radici “a mollo” il famoso radicchio trevigiano.

La più antica scuola di enologia

Scuola enologia di Conegliano

Ma solo oltre il Piave, a Conegliano ci si innesta sulla strada del Prosecco. In una villetta fuori dal paese, la scuola di enologia più antica d’Italia è la prima tappa. Fondata nel 1876, la Scuola Enologica di Conegliano accoglie ancora oggi studenti da ogni regione.

Suggestivo il grande scalone d’ingresso dove ancora campeggia l’atto di costituzione della scuola, la vecchia sala degustazione con i banchi a gradoni, la bottega del vino e casetta delle feste dove studenti e professori a fine lezione usavano venire a bere insieme “un ombra di vin” come si dice a Venezia. Accanto alla scuola sorge anche il centro di sperimentazione Crea. Generazioni di agronomi, enotecnici e enologi sono uscite da qui e qui ha trovato forza il vino di questa terra per farsi conoscere in tutto il mondo (visite solo su appuntamento).

Pievi e castelli sulla Strada del Prosecco

Il Cristo della domenica della Pieve di Feletto

Risalendo le colline ridenti vigneti, dolci pendii, campanili e borghi in lontananza, si intravedono di curva in curva. “I turisti rimangono estasiati da tanta bellezza e anche per me ogni volta è una scoperta” racconta Roberta che alla riapertura dopo il lockdown, per prima cosa, è tornata a fare il suo giro anche senza turisti, da tanto ne sentiva la mancanza.

La Pieve di Feletto è una delle prime tappe, con i suoi tre cicli di affreschi medievali di epoche diverse, dal 1200 al 1400, e sulla facciata sotto il portico ammiriamo un raro affresco del “Cristo della Domenica”. In tutta Europa ce ne sono 11, ed è alquanto singolare perché intorno al Cristo ci sono tanti attrezzi e strumenti da lavoro, dall’arcolaio per la lana al pettine del barbiere ma anche il letto coniugale, a ricordare che di domenica ai fedeli era proibito qualsiasi attività lavorativa.

Una gondola tra le vigne e relais da sogno

La gondola del ristorante Cà del Poggio

Non distante, il muro di Cà del Poggio è una ripida salita con pendenza del 19% famosa per la tappa del Giro d’Italia. Sulla cima, il Prosecco incontra il mare nel menù da gustare nella splendida sala panoramica del ristorante omonimo, e nel giardino del relais dove, sopra alla piscina a sfioro, si staglia contro il paesaggio una gondola veneziana che domina le colline in tutto il loro splendore. Per portarla fin quassù direttamente dalla laguna è servito un tir e poi l’elicottero ma l’effetto è garantito.

Altro relais da fiaba dove poter prenotare per la notte nella zona di Vittorio Veneto è Alice tra le vigne con le camere ispirate alla fiaba di Alice nel paese delle meraviglie, mentre nella zona di Rolle, da non perdere è il Duca di Dolle, che domina dalla collina i 30 ettari della tenuta, una delle più grandi della zona, ma di cui solo 18 coltivati a vigneti, dove viene prodotto un ottimo rappresentante del Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg che è possibile degustare su prenotazione, come lo Zero o il Rosè, l’ultimo nato della casa.

Degustazioni di Prosecco e soppressa

Il Prosecco rosato di Duca di Dolle

Immancabile in questo itinerario lungo la strada del prosecco, è la visita alle cantine e la degustazione di vini che viene sempre accompagnata da stuzzichini, formaggi, dolci e salumi, tra cui spicca l’immancabile soppressa, spesso di produzione della casa, un salume della tradizione locale simile al salame che da sempre si accompagna al Prosecco e che allieta in autunno le fatiche della vendemmia.

Tra le aziende che su prenotazione propongono la degustazione dei loro vini, anche come forma di promozione del territorio, è la storica Gregoletto a Follina. Dal 1600 la famiglia Gregoletto coltiva la tenuta di Premaor, all’epoca di proprietà dei monaci dell’abbazia di Follina, prima in regime di mezzadria e dagli anni 60 come proprietaria. Più piccola e giovane ma che merita la visita è anche la cantina di Col del Lupo a Guia, in regimo biologico dal 2018 e in attesa della certificazione.

Pieve di Follina e Mulinetto di Croda

Al centro di Follina, dove non manca neanche un ristorante stellato, si ammira la bella Pieve di Follina, con lo splendido chiostro con colonne tortili e non distante, a Refrantolo, dove il famoso Vecchio Mulino della Croda, un mulino ad acqua del 1600 con cascata.

Alle spalle di Follina, in passato centro di produzione della lana, il nome stesso deriva da follutura, si innalza il Monte Cesen dalla cui vetta il panorama spazia alcuni giorni fino a Venezia. Con una deviazione si può fare il giro delle malghe d’alpeggio dove si può degustare questa volta non vino ma tutti i prodotti del latte. Altro prodotto tipico è la castagna, in particolare il marrone, che in ottobre-novembre, viene celebrato tutti i fine settimana con la Festa dei marroni a Combai.

Il Pentagono d’oro del Cartizze

Le colline del Cartizze

Continuando invece sulla strada del Docg, avvicinandosi a Valdobbiadene, i vigneti si fanno sempre più ripidi e in alcuni punti spettacolari fino a raggiungere il cuore del prosecco, la zona dove si produce il Cartizze, il cru del Prosecco.

Solo 107 ettari, circa un chilometro quadrato in tutto, suddivisi tra 140 produttori, tanti piccoli appezzamenti di terreno coltivati a vigneti, curati in maniera maniacale. Questa è la zona più storica e più vocata al prosecco, con vigne centenarie che raggiungono anche 140 anni di età. Il Cartizze viene detto “Pentagono d’oro” perché è il terreno agricolo più costoso al mondo, che viene venduto a 2 milioni per ettaro, anche se chi ce l’ha se lo tiene ben stretto.

Vigne di 140 anni

La sala degustazioni dell’Azienda PdC

Per capire appieno il Cartizze – dove la produzione diminuisce ancora a 120 quintali per ettaro con appena un milione di bottiglie – e anche la dedizione alla terra dei coltivatori di questa zona, il loro rispetto dell’ambiente e l’eccellenza del vino che vi si produce, merita una visita l’Azienda PdC, specializzata nella produzione di solo Cartizze e con coltivazione Bio certificata, che tiene per i turisti non delle semplici degustazioni ma dei veri e propri masterclass.

Risalendo la via del Cartizze il paesaggio è da sogno. I piccoli appezzamenti di terreno formano un patchwork di vigne come tante tessere di un puzzle. Dalle colline prima basse e dolci improvvisamente si erge ripida e solitaria una cima più alta di tutte.

L’Osteria senz’oste

L’Osteria senz’Oste

Un tour sulla strada del Prosecco non può che finire sulla cima del Cartizze, in un luogo quasi magico, all’Osteria senz’oste. Tutti i Vip in visita nella zona del Prosecco non possono andarsene senza prima aver postato un selfie, come Elton John, Sarah Ferguson o l’influencer Aurora Ramazzotti, figlia del cantante Eros.

Si lascia l’auto tra le vigne e ci si avvia a piedi per un sentiero fino ad arrivare ad una casetta in pietra. Nella stanza a piano terra c’è un tavolo, un frigo, una cassa e tanti post-it con messaggi attaccati dappertutto. Ci si serve da soli, si prende il tagliere, porzioni monodose di soppressa, formaggio, e si paga quanto si vuole, come da indicazione o come si preferisce perché non c’è nessuno che controlla, solo la cassa automatica che fa il resto da sola. La bottiglia di prosecco si può ritirare dalle macchinette come quelle degli snack sistemate in cima alla collina e poi si può mangiare sui tavolini della terrazza o liberamente tra le vigne.

Questa è una tappa immancabile che chiude sempre i tour di Roberta (questo non è il solo). “Ricordo un gruppo di norvegesi: avevano fretta, volevano fare acquisti all’outlet prima di ripartire il giorno dopo. Rimasero qui tre ore, fino al tramonto”. Perché da tanta bellezza non ci staccherebbe mai.

©RIPRODUZIONE RISERVATA