Continua da Sulle tracce di Dante a Firenze
Della vita di Dante Alighieri non abbiamo molte date certe, neanche quella della nascita, che sembra sia avvenuta tra maggio e giugno del 1265, ma più certa è quella del battesimo che avvenne il 26 marzo 1266. Al tempo, a Firenze, il battesimo di tutti i bambini nati nell’ultimo anno veniva celebrato con una pubblica cerimonia in un giorno ben preciso, il Sabato Santo quindi sicuramente anche per il piccolo Dante avvenne la stessa cosa. La cerimonia prevedeva che i fanciulli venissero portati, tra la folla dei fiorentini in festa, fino al fonte battesimale nel battistero di San Giovanni.
Iniziamo dunque da qui il nostro viaggio. Siamo nel centro di Firenze e il Battistero di S. Giovanni è uno degli edifici più antichi della città, e per Dante, come per tutti i fiorentini del 1200, doveva essere un luogo importante se nella Divina Commedia lo cita in diverse occasioni e sempre con parole affettuose: lo definisce “il mio bel San Giovanni”, parla di Firenze come “ovile di San Giovanni“, e lo ricorda come la chiesa dove fu battezzato e in cui spera un giorno di tornare accolto con tutti gli onori dai suoi concittadini per essere coronato di alloro grazie al suo capolavoro. Inoltre è il luogo dove lui stesso salvò un bambino da morte certa.
Oggi il battistero dall’esterno sembra quasi un edificio spoglio in confronto alla splendida Cattedrale di Santa Maria del Fiore che gli sta proprio davanti e lo sovrasta, ma nel 1200 la cattedrale ancora non era stata realizzata e al suo posto c’era la chiesa di Santa Reparata, l’antico duomo dei fiorentini, che era sicuramente meno appariscente per dimensioni e decori. Il battistero di San Giovanni invece c’era già ed è rimasto pressoché uguale. Nei secoli successivi Andrea Pisano e poi Lorenzo Ghiberti lo avrebbero arricchito delle splendide porte in bronzo, tra cui quella definita da Michelangelo “Del Paradiso“, con le famose formelle, quasi pagine illustrate dei racconti biblici, ma allora ancora non c’erano.
Il battistero era allora come oggi il cuore religioso della città: fu eretto intorno alla metà dell’XI secolo, in stile romanico con pianta ottagonale interamente rivestito di marmi bianchi e verdi, e fu dedicato al Santo patrono di Firenze. All’interno valenti artisti veneziani e fiorentini tra cui Cimabue, nella seconda metà del Duecento avevano realizzato il bellissimo mosaico dorato bizantineggiante che ancora oggi abbaglia chi vi entra, facendo subito alzare lo sguardo al cielo verso la cupola a spicchi. Nel mosaico campeggia un maestoso Cristo Giudice con ai piedi una visione dell’inferno che molto probabilmente fu fonte di ispirazione per il capolavoro dantesco.
Vi è poi un’altra vicenda della vita di Dante avvenuta in San Giovanni, un aneddoto che lui racconta nel XIX canto dell’Inferno, ed è addirittura strano che ne abbia fatto cenno, quasi a lodarsi da solo.
Quando nel suo viaggio nel regno dei morti, Dante vede i Simoniaci, colpevoli di aver venduto cariche ecclesiastiche a parenti e amici, scontare la loro pena con la testa conficcata in delle strette buche, la mente gli ritorna col ricordo al fonte battesimale di San Giovanni, ottagonale con una grande vasca centrale, che aveva intorno dei pozzetti più piccoli che servivano ai preti per immergere i bambini durante il battesimo, simili a quelle buche della terza bolgia.
Un giorno quando Dante era già Priore, quindi investito di una della più alte cariche cittadine, un bambino – non si sa quanti anni avesse e come di preciso avvenne, forse mentre lo battezzavano o se stava giocando chissà – cadde in uno di quei bacili del fonte battesimale e vi rimase intrappolato rischiando seriamente di morire soffocato. Dante era presente alla scena e fu lui a salvarlo. Fra tutti gli altri presenti, ebbe la prontezza di intervenire prendendo in mano la situazione, ma per poter tirare fuori il bambino sano e salvo fu costretto ad un atto di forza: dovette spaccare un pezzo di marmo o pietra del fonte battesimale.
Oggi il fonte battesimale nel battistero fiorentino non c’è più, fu distrutto nel XVI secolo e rimane in terra solo l’impronta ottagonale, ma pare fosse molto simile a quello che ancora oggi è possibile vedere nella vicina città di Pistoia: risale al 1226 e, dopo la distruzione di quello fiorentino, è il più antico in Toscana.
In merito al bambino salvato da Dante, qualche commentatore antico ha anche riportato il nome, non si sa quanto attendibile, ma si trattava di un certo Antonio di Baldinaccio dei Cavicciuli.
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