Qualche anno fa quando avevo già avuto modo di vedere la splendida Mont Saint-Michel in Normandia, con lo spettacolare fenomeno dell’alta marea e la “Merveille” che si innalza a picco sulla roccia emergendo dal mare su tre piani vertiginosi, mi incuriosii al culto di San Michele Arcangelo e una breve ricerca mi portò in Puglia, sul Gargano a Monte Sant’Angelo, dove nel V secolo fu eretto sopra alla grotta dove avvenne la prima apparizione, il primo e più antico santuario a lui dedicato, meta di pellegrinaggi fin dal Medioevo.
Fu in Puglia che incontrai per caso un insegnate in pensione che mi parlò per la prima volta della Via Micaelica, una linea che unisce i tre più importanti santuari dedicati a San Michele che si trovano lungo questa retta immaginaria (ben visibile però su una cartina geografica) esattamente a mille chilometri di distanza l’uno dell’altro. Il primo ad essere realizzato tra il V e l’XI secolo è proprio il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo in Puglia, il secondo risalente al VIII secolo è Mont Saint-Michel in Francia al confine tra Bretagna e Normandia, e il terzo è la Sacra di Val di Susa, l’abbazia costruita sul finire del X secolo proprio a metà strada tra le due, lungo questa linea diagonale che la leggenda vuole sia stata tracciata dalla stessa spada di San Michele quando cacciò Satana dal Paradiso.
Così era da tempo che aspettavo il momento giusto per visitare anche questo terzo luogo micaelico che seppi poi, aveva anche ispirato Umberto Eco nel descrivere il monastero del suo bestseller “Il nome della rosa”, libro che ho amato molto. Per questo per qualche anno ho vagheggiato l’incontro con la Sacra di San Michele anche se non era mai capitata l’occasione giusta. Già una volta con la visita di Torino avevamo provato ma il tempo non era bastato, così ci siamo tornati.
Mentre il giorno precedente era una caldissima giornata di sole, con medie molto più alte di quelle stagionali, il giorno della visita alla Sacra il tempo aveva voltato faccia e la Val di Susa ci ha accolto in una plumbea giornata di pioggia, che a dire il vero non ha tolto fascino all’abbazia anche se ha limitato la visuale sull’immenso paesaggio che si apre sotto. Ma quando ci hanno detto che questo luogo è situato in un punto climaticamente non facile e la sua naturale condizione è quella di essere al centro di correnti d’aria che si scontrano generando tremendi fulmini e tempeste, tanto che per preservarla sono stati tirati chilometri di fili di alluminio, e di venti che anche in estate seccano tanto l’aria da favorire gli incendi nei boschi intorno, allora mi sono quasi convinta che quella era la giornata giusta per vedere questa meraviglia in pietra edificata sulla roccia.
Tanto più che per caso avevamo già deciso la data del viaggio che comprendeva il primo sabato del mese e abbiamo poi scoperto che solo in quella giornata ogni mese viene effettuata una visita guidata speciale, più approfondita e che comprende anche la biblioteca, e poi tanto per rimanere in tema angelico, qualche giorno prima del viaggio abbiamo trovato in terra un santino di San Michele Arcangelo in un bel cartoncino sagomato un po’ vintage, quasi come se ci stesse aspettando. Tornando sui nostri passi lungo il sentiero che porta al parcheggio (da pochi giorni a pagamento per volontà del Comune ma non dei monaci) abbiamo incrociato Vittorio Sgarbi che stava salendo alla chiesa per l’inaugurazione di una mostra d’arte, ma spero che questo invece non sia stato un segno.
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