Un’esperienza da vivere: la Via Francigena

Una via che attraversa l’Europa, la stessa che percorse nell’anno 990 d.C. Sigeric, l’Arcivescovo di Canterbury di ritorno da Roma dopo una visita al Papa descrivendo e suddividendo il viaggio in 79 tappe; una via antica oggi percorsa da nuovi pellegrini, in genere colti, curiosi e spesso tecnologici, che seguono il tracciato a piedi o in bici, con l’ausilio di una App.

Questo è il nuovo target di chi percorre la Via Francigena che in Italia attraversa 7 regioni, 139 comuni tra piccoli centri e città turistiche come Siena, snodandosi spesso su strade bianche e sentieri che valicate le Alpi al Gran San Bernardo, arrivano fino alla città eterna, toccando paesi e borghi di straordinaria bellezza come San Gimignano e Monteriggioni.

Consigli per la prima volta

Per partire occorre la credenziale del pellegrino, una specie di passaporto dove vengono apposti i timbri negli ostelli e nelle strutture lungo il percorso, una buona guida come quella da poco edita da Terre di Mezzo (a breve uscirà anche l’e-book in inglese e italiano) e la App per seguire il tracciato in autonomia. Sul sito web http://www.viefrancigene.org sono disponibili tutte le informazioni pratiche, mappe, percorso, accoglienza e anche i tour operator per viaggi organizzati o per chi necessita del trasferimento bagagli.

“Per iniziare va bene anche un fine settimana ad esempio il tratto San Miniato, Gambassi, San Gimignano in Toscana è bellissimo e ci si rende conto che si può andare anche avanti” spiega Alberto Conte che ha segnato tutto il percorso e realizzato la App per i pellegrini. I consigli, anche per chi non è un camminatore, sono: un minimo di allenamento, ma non indispensabile per brevi tratti, attenzione alle scarpe e ai calzini per evitare mal di piedi, e zaino di ottima qualità e più leggero possibile, non oltre il 15% del nostro peso corporeo.

“Per affrontare molte tappe occorre una preparazione graduale e provare prima a utilizzare lo zaino, perché anche 20 km in pianura, con lo zaino cambiano completamente – aggiunge Marco Giovannelli direttore di Varese News una delle più importanti realtà tra i quotidiani on line che, a tratti, ha percorso tutta la Francigena– Io consiglio di fare almeno due settimane, perché il ritmo richiede minimo dieci giorni ed è dopo una settimana che inizi ad essere allenato”.

monteriggioni mura

Chi sono i pellegrini di oggi

“Chi percorre la Francigena oggi non è più il pellegrino di un tempo” spiega Luca Bruschi direttore dell’Associazione europea delle vie Francigene, soggetto capofila per lo sviluppo di questo itinerario riconosciuto dal Consiglio d’Europa e che sta lavorando per il riconoscimento a Patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco. “Ognuno ha le sue motivazioni e lo fa in modi diversi, a piedi, in bici, a cavallo e c’è anche chi lo fa da turista, nel weekend, e si ferma a visitare Siena e San Gimignano. Si può dire che è un itinerario trendy, tanti si avvicinano ed è bello vedere giovani, adulti e bambini in cammino”.

Nel 2016 sono stati in 40.000 a partire, zaino in spalla. Tanti gli italiani ma circa la metà sono stranieri e sempre più numerosi tra loro i non europei, da America, Australia, Sud Africa. Hanno tutte le età: il 26% ha tra i 20 e i 35 anni, il 19% tra i 36 e 50 come anche tra i 60 e gli 80 anni, la percentuale più alta il 34% hanno tra i 51 e i 65 anni. Ma nell’ultimo anno si sono aggiunti anche i più giovani, dai 16 ai 20 anni che naturalmente raccontano l’esperienza sui blog e la condividono sui social.

Come affrontano il cammino

A differenza del Cammino di Santiago che in genere si identifica nella meta, Campostela, chi affronta la via Francigena preferisce farlo a tappe ogni anno o anche per un solo weekend, percorrendo una parte e fermandosi a visitare le località turistiche. La media si attesta su 6-8 giorni di cammino che è anche il tempo minimo per apprezzare al meglio questo tipo di esperienza, per prendere il ritmo. Almeno la metà dei pellegrini del 2016 ha scelto di percorrere un tratto nel territorio Toscano tra i più belli, attrezzati e impegnativi.

Per lo più partono a piedi circa l’80%, dato in forte e costante aumento, mentre un quinto lo fa in bicicletta. “La via è completamente segnata dal San Bernardo a Roma e ben organizzata, l’80% delle tappe è dotata di un ostello – continua Alberto Conte – Alcune non ce l’hanno e questo crea discontinuità e un altro problema delicato è la manutenzione e la segnaletica, sottovalutata dalle amministrazioni. Tuttavia la via è percorribile e ogni tappa è bellissima con tante cose da vedere, molto più bella, tutti lo dicono, del Cammino di Santiago. I prezzi sono un po’ più alti rispetto all’itinerario spagnolo ma negli ostelli si dorme con una media di 10-15 euro a notte”.

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Flussi e interesse crescente

Oltre ai flussi turistici anche l’interesse nazionale e internazionale è in grandissimo aumento. Il New York Times ha pubblicato un articolo sulle tappe toscane, una TV sud coreana ha girato un servizio come anche la CNN, in 300 sale cinematografiche è uscito “I volti della Francigena”, il portale www.viefrancigene.org ha superato in un anno il milione di visitatori e iniziano proliferare gli eventi intorno al percorso come l’European Francigena Marathon, camminata non competitiva tra Acquapendente e Montefiascone, e lo Slow Travel Fest a Monteriggioni.

“L’interesse sulla Francigena è notevole – spiega Marco Giovannelli – due anni fa ho fatto a piedi, il tratto toscano dal passo della Cisa entrando nel Lazio fino a Roma e postandolo interamente su Facebook e Instagram con grande seguito. Tanti blog hanno sezioni specifiche e numerosi sono i gruppi sui social. Agli incontri sul tema nelle biblioteche c’è sempre pieno e so addirittura di una grossa azienda con oltre 2000 dipendenti che ha organizzato due giorni di marcia per tutto lo staff del personale e l’esperienza è stata per tutti entusiasmante”.

Tanti motivi per partire

Diversi dal passato ma in fondo sempre uguali i motivi che spingono il pellegrino a partire. Certo oggi non si vuole fare ammenda dei propri peccati come nel Medioevo ma quella stessa ricerca di esperienze e nuovi orizzonti è sempre attuale come anche di un contatto più profondo con se stessi e con gli altri.

“Nel 2009 ho fatto il volontario in un ostello distribuendo questionari anonimi – spiega Alberto Conte – quello che è emerso è stato perlopiù confermato anche da studi successivi come quello del Touring Club Italiano: la prima motivazione, nettamente distaccata dalle altre, è fare un’esperienza a contatto con la natura,  segue la voglia di conoscere nuove persone e al terzo posto la motivazione spirituale. A maggior distanza, l’interesse culturale e quello religioso”.

Lungo il viaggio è soprattutto l’incontro con l’altro a fare la differenza, l’altro che può essere il pellegrino con cui condividi una parte del cammino ma anche uno dei tanti volontari che costellano il percorso.

“Per prima cosa ti porta a conoscere il territorio come non l’hai mai fatto – continua Marco Giovannelli –  spesso abbiamo una conoscenza molto limitata. Prima ad esempio Pontremoli e Pietrasanta per me erano solo uscite dell’autostrada adesso ci sono tornato varie volte. L’altro aspetto importante è la relazione con le comunità: quelle settimane dalla Cisa a Roma le ricordo sempre per quanto belle e soprattutto per l’incontro con l’altro”.

Al ritorno

Certo è che il cammino ti cambia. Chi lo percorre torna sempre diverso da come è partito.  “Rumiz nel suo libro scrive che in 6 giorni di cammino si ha una vera metamorfosi delle persone – conclude Alberto Conte – sono dinamiche inspiegabili dal punto di vista razionale, non ci sono parole. E’ un modo per tornare all’essenza delle cose, spogliandosi da ogni infrastruttura e ruolo sociale”.