Quando la Pivano disse no a Hemingway

Nell’ultimo film di Virzì, Ella e John, con i mirabili Helen Mirren e Donald Sutherland, abbiamo sicuramente pianto; probabilmente rimpianto l’amore eterno, e forse anche rispolverato una certa curiosità per Hemingway, grazie al viaggio in camper per raggiungere la casa-museo dello scrittore a Key West in Florida intrapreso dalla vecchia coppia di coniugi: lei malata terminale e lui professore di letteratura colpito da demenza senile, al punto da non riconoscere più i suoi figli, ma tenace nel continuare a spiegare l’opera di Hemingway a tutte le cameriere dei bar che incontra lungo la strada.

Molto più lungo è stato il viaggio, nelle opere, nella vita e poi nei luoghi dove visse il grande scrittore americano, intrapreso da Guido Guerrera, definito uno dei massimi esperti di Hemingway in Italia dalla stessa Fernanda Pivano, colei che scoprì, tradusse e fece conoscere l’opera di Hemingway nel nostro Paese.

Giornalista e scrittore, ospite fisso come relatore al biennale Coloquio Internacional E. Hemingway dell’Avana, prestigioso convegno in cui si riuniscono i massimo studiosi mondiali, Guido Guerrera, siciliano di origine trapiantato in Toscana, noto per essere il biografo oltre che amico di Franco Battiato, da una vita segue le orme dello scrittore e racconta tanti aneddoti sconosciuti dell’uomo e dell’artista e altrettanti di Fernanda Pivano che ha avuto la fortuna di conoscere e frequentare prima della morte nel 2009.

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Il libro “Io e Ernest: Pivano – Hemingway sul filo di un amore” di Guido Guerrera

Proprio sulla storia d’amicizia quasi amore tra il grande scrittore e la sua traduttrice italiana, che Guerrera rivelò per la prima volta al Festival di Cuba, è incentrato il libro  edito da Minerva, dal titolo “Io e Ernest”, ambientato tra Venezia e Cuba dove Hemingway visse fino all’avvento Castrista, che riunisce sotto forma di romanzo e con la voce narrante di Nanda, tutte le storie su Hemingway raccontategli di persona dalla Pivano in quasi dieci anni di amicizia e, per la prima volta, l’approccio fallito con la giovane traduttrice.

“Parlando di lui, Fernanda Pivano diceva che era bello come un attore – ricorda Guido Guerrera – Mi raccontò che un giorno la prese da parte, la spinse al muro e cercò di baciarla. Lei si rifiutò. “Ma io ti voglio sposare, insistette lui”. “Guarda intanto la mia educazione vittoriana me lo impedisce e poi ho già un uomo” fu la risposta ferma della Pivano già impegnata con l’architetto Ettore Sottsass”. “Ero bellina – mi diceva Nanda – avevo una bella treccia bionda, lui mi ha spinto ma anche io di gli ho dato una bella spinta. Eh no! Gli ho detto. Ma da vecchia, sai che ti dico Guido – mi confessava – sono stata una gran cretina”.

Ma come è nata la passione per Hemingway e l’amicizia con la Pivano? “Fu Battiato a portarmi da lui, inserì la citazione di un racconto nel brano “Ecco com’è che va il mondo”. Così iniziai a leggerlo poi sentii che dovevo visitare i suoi luoghi per capire cosa era rimasto e intrapresi un viaggio dispendiosissimo che mi ha portato 11 volte in Spagna, Francia, Cuba. Contattai per la prima volta Fernanda per chiederle di presentare il mio primo libro “A spasso con papa Hemingway” e lei per telefono mi mandò a quel paese: perché lei era così, parlava franco, diceva di avere l’animo Beat e la mente Vittoriana. Dopo averlo letto però mi ricontattò: “Sei un lazzarone – mi disse – hai colto lo spirito di Hemingway mi hai fatto piangere. Va bene ti presento il libro”.

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Così iniziò un’amicizia durata quasi dieci anni che aveva come comune denominatore la passione per lo scrittore morto suicida nel 1961. “Ci incontravamo a Milano al ristorante Cavallini dove i camerieri quando ci vedevano arrivare ci guardavano male perché si stava a parlare fino alle due di notte. Oppure ci incontravamo a casa sua in piazzetta Guastalla: era disordinatissima, aveva un grande tavolo dove teneva di tutto, vecchie cassette, libri. Stava preparando la sua antologia “Amici scrittori” e mi faceva vedere le bozze mentre beveva Coca Cola, la sua bibita preferita con la quale pasteggiava anche”.

“Lei voleva che la registrassi e io lo facevo: qualcosa è andato perso, tanto è rimasto, soprattutto è rimasto il ricordo e le impressioni dei nostri incontri, frasi, abbracci, il suo eterno sorriso di bambina. Con questa carica emotiva mi sono convinto a scrivere il romanzo dove ho fatto parlare Nanda, le faccio raccontare le cose che lei stessa mi ha detto, non in ordine cronologico però: volevo creare una armonia, puntare allo spirito delle cose”.

Durante gli incontri Fernanda leggeva anche il suo epistolario con Hemingway. “Mi ha letto diverse lettere almeno una decina. Quando lo faceva aveva una specie di rituale. Apriva una nicchia dove era il contatore della luce e un Budda, accendeva un lumino, l’incenso, prendeva la lettera e la leggeva con atteggiamento ieratico e baciava spesso la lettera e la foto. Quando parlava di lui le si riempivano gli occhi di lacrime. Ma quell’amore non fu mai consumato e lei ci teneva a precisarlo tanto che in occasione della presentazione della sua antologia “Amici scrittori”, era in là con gli anni ma scherzando diceva che la prima idea per il titolo era stata “Non sono stata a letto con Hemingway”.

guerrera-pivanoLa Pivano era entrata nella vita di Hemingway con un ruolo ben preciso. La sua famiglia si era trasferita da Genova a Torino dove al liceo aveva come compagno di classe Primo Levi e come professore di Italiano Pavese. Fu lui che la introdusse allo studio della letteratura inglese, a metterla in contatto con la casa editrice e a passarle i libri che poi diventeranno celebri con la traduzione della Pivano. Il primo fu “Addio alle armi” che non piacque in Italia e che creò problemi alla famiglia Pivano, con l’arresto del fratello da parte della Polizia Nazista.

Bambina raccontami cosa ti hanno fatto i nazi” furono le parole con cui Hemingway accolse la Pivano durante il loro primo incontro a Cortina nel ‘48. “Lei era una bella ragazza di educazione vittoriana; la madre era Scozzese. Lui la accolse con un abbraccio avvolgente e lei, mentre lo raccontava, mi faceva vedere come l’aveva abbracciata” ricorda Guerrera.

Quando lei andò a trovarlo a Cuba lui non c’era, impegnato nelle riprese del film “Il vecchio e il mare” con Spencer Tracy. Quando seppe dell’arrivo di Fernanda, fece sospendere le riprese e tornò a Cuba. “La scelta dell’attore non era piaciuta a Hemingway che non stimava affatto Tracy e chiamava “damerino”. Il suo stereotipo di pescatore era l’amico Gregorio Fuentes, un fascio di nervi, cotto dal mare, bruciato dalle privazioni non un attore hollywoodiano alcolizzato che al confronto lui era astemio”.

Successivamente con Fernanda si incontrarono a Venezia, una volta durante la revisione di un manoscritto le pagine si sparpagliarono in terra e per mezz’ora i due rimasero insieme a raccoglierle. Fu nella città lagunare che si incontrarono anche l’ultima volta. “Arrivato a Venezia, lui le manda un telegramma, lei arriva ma deve ripartire il giorno dopo -racconta Guerrera – Lui le chiede di leggere il suo ultimo romanzo poi uscito postumo. A lei non piacque e non occorreva che parlasse, lui lo capì e si chiuse nell’altra stanza. “Sentii un tonfo sul letto e capì che per quella volta avevano finito e me ne andai. Ma continua a non piacermi” raccontava ancora negli ultimi anni la Pivano”.

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Guerrera è stato anche l’ultimo giornalista ad intervistare Gregorio Fuentes, l’amico pescatore al quale Hemingway si è ispirato per il personaggio di Santiago ne “Il vecchio e il mare”. “Gli ho portato in dono dei sigari toscani, lui aveva 104 anni: l’ha scartao e acceso poi ha commentato “Muy bueno, muy fuerte, muy duro”, perchè i toscani non hanno niente a che vedere con i cubani. Gli ho chiesto se fumasse molto, mi ha risposto: “Si puedo uno cada hora” e – ha aggiunto – una bottiglia i rum al giorno”.

Il momento più emozionante è stato quando mi ha fatto impugnare la canna da pesca che usavano lui e Hemingway e, con alle spalle la foto di loro due scatta da Robert Capa, mi ha raccontato di quando gli ha scritto “La nostra amicizia è come una catena”.