Tra tavolini all’aperto e storie di Bistrò a Parigi

Vi ricordate come era Parigi prima del Coronavirus? Una delle sue peculiarità, che l’ha resa unica da sempre, o almeno da 2 secoli,  è  l’animazione dei suoi cafè e ristoranti, il guardare il passeggio dai suoi tavolini all’aperto, sempre pieni di francesi e poi di turisti.
In Italia, questa settimana, nelle regioni “gialle” i bar e ristoranti hanno riaperto e si può consumare solo  all’esterno, seduti ai tavolini nelle piazze, sotto i dehors, lungo i marciapiedi, un po’ come nella migliore tradizione parigina. E allora ripercorriamo un po’ la storia dei locali parigini e come è nata la tradizione di guardare il mondo seduti a un cafè.

Cafè, brasserie, bistrò, non importa il nome, dove sono, né quanto spazio abbiano all’interno, ciò che conta sono i tavolini lungo il marciapiede, che talvolta lasciano a malapena un varco per entrare, o quelli dietro le grandi vetrate per quando fuori è brutto tempo. Ai Parigini piace sedere per ore a osservare il passeggio, prendere appunti, chiacchierare amabilmente con amici e farsi vedere.

Con la grande opera di ristrutturazione di Parigi attuata dal Barone Haussmann a metà ‘800 le strade si ampliarono e i grandi boulevard si aprirono dove prima erano vecchi e malsani quartieri. Fu allora che i caffè occuparono i marciapiedi e – come scrisse Emile Zolà – “grandi folle silenziose si sedettero a guardare la vita fluire nelle strade”. Nacquero così i cafè, le brasserie, i bistrò come li conosciamo oggi, con gli immancabili tavolini all’aperto.

Tutti i più famosi sono ancora ricordati per essere luogo di ritrovo di scrittori, artisti, filosofi, luoghi dove si scambiavano idee e coniavano nuove tendenze. Quelli tipici sono ancora tanti, lungo i grandi boulevard o anche sulle vie più trafficate del centro come in rue de Rivoli dove, eccetto in epoca di pandemia, c’è spesso una lunga fila sotto i portici per gustare la famosa cioccolata africana da Angelina.

Il più antico cafè di Francia e d’Europa, forse non a caso, è ancora oggi a Parigi: nel 1686 fu rilevato da un siciliano, Francesco Procopio dei Coltelli. Il Procope, oggi ristorante, divenne subito il punto di ritrovo dell’élite dell’epoca: lo frequentavano politici e attori della Comédie-FrançaiseVoltaire era un habitué, e anche Molière che sembra bevesse 40 tazze il giorno di una bevanda mista di caffè e cioccolata: non sorprende che sia morto stroncato mentre recitava il Malato immaginario (ma ci sono varie versioni della storia), la poltroncina dove spirò è visibile ancora oggi nel teatro che ha fatto la storia di Parigi.

A fine ottocento, quando Montmartre era il quartiere degli artisti, scrittori, pittori, appassionati di arte, frequentavano cafè, bordelli e cabaret.  Nel 1814,  quando le truppe dello zar seguirono Napoleone in Francia e presero Parigi, molti ufficiali russi seduti ai tavoli del cafè La Mère Catherine, ancora oggi il più antico locale in Place de Tertre a Montmartre, coniarono un nuovo termine che definisce un tipo di locale tipico parigino. I cosacchi, infatti, esasperati dalla lentezza dei camerieri francesi, battendo sui tavoli urlavano “Bistro, bistro” che in russo vuol dire “svelti, svelti”, parola che da allora indica un bar dove cibo e bevande vengono serviti tres vite.

Sempre a Montmartre, Le Consulat  fu punto di incontro dei più grandi artisti dell’Ottocento e soprattutto dei pittori impressionisti, Van gogh, Toulose Lautrec, Monet, che avevano scelto “la collina”, all’epoca un villaggio ancora staccato rispetto a Parigi, come loro base dove vivere, trovare ispirazione e lavorare. Collocato in uno dei più antichi edifici “de la Butte”, in angolo con rue Saint-Rustique antica di 9 secoli, questo ristorante continua ancora oggi a richiamare e ispirare artisti e turisti, e qui sono stati girati numerosi film, tra cui quello di Woody Allen, Tutto dicono I love you del 1997, con Julia Roberts.

Nei primi decenni del ‘900, artisti come Picasso, Hemingway, Matisse, Modigliani, si spostarono nel quartiere di Montparnasse e il locale più famoso e conosciuto ancora oggi è La Coupole. Dopo la seconda guerra mondiale invece il centro della vita artistica e culturale parigina si spostò sulla rive gauche, nel quartiere di Saint Germain des Prés e proprio nei bar, caffè e caves sotterranei della zona si riunivano filosofi, scrittori, attori, musicisti.

I più famosi sono di fianco alla chiesa di St-Germain-des-Prés, come Les Deux Magots, già frequentato nell’800 dai poeti maledetti Verlaine, Rimbaud et Mallarmé, e poi nel ‘900 da André Gide, Jean Giraudoux, Picasso, Fernand Léger, Hemingway, e il Cafè de Flore in stile Art Déco dove Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir discutevano di esistenzialismo. Di fronte è la Brasserie Lipp famosa birreria alsaziana, una delle più antiche birrerie a Parigi, decorata con ceramiche colorate sicuramente da vedere. Ma attenzione, la fama è tutto e i prezzi sono astronomici.

Tuttavia spesso proprio questi luoghi, più famosi, più cari e presi d’assalto dai turisti che cercano di ripercorrere i luoghi del bel mondo, sono quelli dove è più difficile immergersi e ritrovare l’aria tipica di Parigi. D’altra parte spesso i quartieri venivano scelti dagli artisti proprio perché erano i meno cari per gli affitti e per viverci. Così ancora oggi sono invece i locali più anonimi magari in una piazzetta del Marais o in una zona più defilata dal centro, a renderci quell’atmosfera tipica, quell’aria un po’ romantica e fremente di vita ma anche malinconica, che andiamo cercando a Parigi. ©RIPRODUZIONE RISERVATA